04:34 | 16 giu 2025

SOTTO LA LENTE: l'addio di de Meo a Renault rischia di diventare un de profundis per tutta l'auto

MILANO (MF-NW)--L'addio di Luca de Meo alla Renault è stato un fulmine a ciel sereno. Fragoroso e inaspettato. Per le dimissioni in sé ma anche per il punto di approdo futuro per il manager italiano.

Il passaggio da una storica casa automoblistica come la Losanga a un player globale del lusso come Kering (peraltro bisognoso di una profonda ristrutturazione considerando i problemi del suo brand di punta, Gucci) è molto di più di una semplice evoluzione nella carriera del top manager, cresciuto in Fiat alla corte di Sergio Marchionne e poi protagonista del rilancio della Seat prima e della vera e propria resurrezione della Renault poi. E' forse la pietra tombale sul mondo dell'auto, almeno così come è stato concepito negli ultimi 50 anni e più, vale a dire da quando la macchina è diventata un bene di massa.

Con la svolta elettrica, che ha comportato fortissimi investimenti per le case e ha travolto paradigmi consolidati, l'auto è diventata sempre più costosa e sempre meno bene di massa. Così le immatricolazioni stagnano perché i produttori propongono modelli elettrici che il consumatore fatica a recepire anche perché non troppo propenso a pagare un extra costo per andare a batteria.

de Meo ha fatto oggettivamente un mezzo miracolo a rimettere in carreggiata la Renault in un contesto del genere: cinque anni fa, al suo arrivo, l'azienda perdeva 8 miliardi all'anno e oggi produce 1 miliardo di utile grazie al progetto Renaulution. Ma ha più volte ribadito - anche nel suo ruolo istituzionale di presidente dell'Acea - i rischi per il settore derivanti dall'atteggiamento talebano dell'Europa sul processo di decarbonizzazione. de Meo non ha mai bocciato l'elettrificazione - e i modelli Renault alla spina lo dimostrano - ma con pragmatismo ha chiesto una dilazione nei tempi di applicazione delle norme e soprattutto di andare incontro al consumatore proponendo ad esempio la Airbus dell’auto, una produzione comune di macchine piccole fra i costruttori europei, per ridurre i costi, abbassare i listini e procedere sul tema della sostenibilità. Massaggi inascoltati.

Al di là delle legittime ambizioni professionali, de Meo ha forse preferito fare un passo indietro per evitare di recitare il de profundis dell'auto. La sua decsione sembra quasi una resa all'ecologismo di facciata dell'Europa che pretende un passaggio senza alternative all’elettrificazione in tempi del tutto inadeguati a una trasformazione così sostanziale

Se la macchina è sempre più un bene di lusso e per eletti - avrà forse pensato de Meo - allora è meglio andare a dirigere un vero marchio del lusso. Che non deve combattere con le folli norme comunitarie.

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filippo.buraschi@mfnewswires.it

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1616:34 giu 2025