MILANO (MF-NW)--Moody's ha declassato il rating degli Stati Uniti, seguendo il precedente abbassamento di Fitch nel 2023 e quello di Standard & Poor's nel 2011. I dubbi sulla solidità creditizia americana derivano da vari elementi: le tensioni legate all'indipendenza della Federal Reserve, il ruolo del dollaro come valuta di riserva globale e l'elevato livello del debito pubblico statunitense.
MOODY'S GIUSTIFICA DECLASSAMENTO CON LIVELLO DEBITO PUBBLICO
Nonostante l'agenzia abbia giustificato il declassamento con l'elevato livello del debito pubblico e l'aumento dei costi per interessi, questa mossa riflette "un'erosione più ampia dei meccanismi di elaborazione delle politiche negli Stati Uniti e del loro prestigio sul mercato globale", commenta Amar Reganti, Fixed Income Strategist di Wellington Management. Già prima dell'insediamento dell'amministrazione Trump, "il processo decisionale interno risultava disfunzionale, con numerosi stalli sul tetto del debito e occasionali chiusure del governo. Le recenti politiche potrebbero aver spinto queste dinamiche oltre il limite". Nonostante ciò, continua l'esperto, "gli Stati Uniti restano il più grande mercato dei capitali al mondo e la dimensione, la profondità e la liquidità del loro mercato dei Treasury, che si avvicina ai 25.000 miliardi di dollari statunitensi, supera di gran lunga quella degli altri mercati sovrani globali".
QUESTIONE INDIPENDENZA FED INCIDE SU GIUDIZIO RATING
Donald Trump ha esercitato una costante pressione sulla Fed affinché riducesse i tassi di interesse, nel tentativo di orientare la politica monetaria a sostegno del programma della sua amministrazione. Inoltre, spiega Reganti, "il presidente della Fed, Jerome Powell, probabilmente sarà sostituito nel maggio 2026 e altri membri del Consiglio termineranno il mandato il prossimo anno, aprendo la possibilità a una composizione più allineata con l'amministrazione e meno indipendente dal potere esecutivo del governo statunitense". Il mercato obbligazionario reagirebbe a questa eventualità aumentando i premi al rischio, ossia la remunerazione aggiuntiva richiesta per detenere titoli di lunga durata.
USD POTREBBE PERDERE STATUS DI VALUTA DI RISERVA?
L'usd ha registrato una performance relativamente debole dall'inizio dell'anno, in parte a causa dei deflussi di capitale autoindotti derivanti dall'incertezza delle politiche economiche. Un prolungato ristagno dei rendimenti del dollaro, spiega l'esperto, "potrebbe segnalare un indebolimento dell'eccezionalismo statunitense, mettendo a rischio lo storico status del dollaro come valuta rifugio. Se l'usd perdesse questo status, ciò rifletterebbe un declino strutturale, ridefinendo le esigenze di copertura valutaria dei portafogli e accelerando una rotazione dagli asset di rischio statunitensi, come le azioni, modificando inoltre in modo sostanziale il tenore di vita negli Stati Uniti nell'economia reale". Tuttavia, oggi l'usd resta la valuta di fatturazione preferita per circa il 40% del commercio mondiale.
INVESTITORI DEVONO DIVERSIFICARE SUI MERCATI EMERGENTI
"Le questioni relative alla solidità creditizia degli Stati Uniti, all'indipendenza della Fed e allo status dell'usd come valuta di riserva sono rilevanti e potenzialmente preoccupanti e dovrebbero ispirare una pianificazione ponderata e una diversificazione consapevole, piuttosto che reazioni impulsive nelle allocazioni", prosegue Reganti. Dal punto di vista obbligazionario, gli investitori dovrebbero diversificare al di fuori degli Stati Uniti, considerare il debito in valuta locale dei mercati emergenti e adottare una gestione attiva.
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MF NEWSWIRES (redazione@mfnewswires.it)
2515:10 nov 2025