07:35 | 29 apr 2024

MF ANALISI: Spa pubbliche, il complicato puzzle delle 674 poltrone da rinnovare

Di Sergio Rizzo

ROMA (MF-NW)--Correva l'anno 2022, giorno 30 aprile. Due anni esatti sono quindi trascorsi da quando il Consiglio dei ministri guidato da Mario Draghi decideva di far nascere per decreto una società pubblica in cui concentrare le sue migliori risorse informatiche. Doveva essere il grande cervello virtuale del Paese e l'avevano battezzata 3-i, per rendere chiaro chi fossero i suoi tre azionisti: Inps, Inail e Istat. Un’operazione concepita in sintonia con il disegno di rilancio del Paese uscito dalla pandemia, tanto da essere inquadrata anche nel mitico Pnrr, il Piano Nazionale di Ripresa e resilienza. E in appena quindici mesi - perché la società pubblica è stata concretamente costituita dal notaio solo a dicembre del 2022 fra polemiche, bisticci e rinvii - 3-i spa è riuscita a polverizzare ogni record. Al suo vertice si sono alternati già tre presidenti. Il primo, designato senza che la società fosse ancora nata, con il passaggio da Draghi a Giorgia Meloni viene avvicendato seduta stante da Claudio Anastasio. La legge istitutiva di 3-i spa stabilisce infatti che la nomina del presidente spetta al capo del governo. Ma dice pure che la nomina del suo vice è di competenza del ministro del Lavoro, e così anche Annarosa Pesole, la consigliera del ministro del governo Draghi Andrea Orlando che aveva occupato quella poltrona, lo libera per Maurizio Mensi, designato dalla ministra Marina Calderone. E già che sono in ballo, ecco un giro di valzer anche per il collegio sindacale. Ritenuto un esperto del settore, Anastasio è considerato vicino alla esponente di Fratelli d'Italia Rachele Mussolini. Ma si deve dimettere prima ancora di cominciare a causa di un clamoroso scivolone: il suo discorso d'insediamento, copiato dalla rivendicazione politica dell'assassinio di Giacomo Matteotti pronunciata alla Camera da Benito Mussolini nel 1924.

Il suo sostituto Gennaro Terracciano, terzo presidente nello spazio di pochi mesi, ha l'obbligo di misurarsi con la necessità di mettere in moto la macchina. Ci vuole un direttore generale e dopo una complessa selezione la scelta cade su Stefano Acanfora. Nemmeno qui, però, va tutto liscio. Succede che il quotidiano Il Domani racconta come anni fa da dirigente della Regione Lazio Acanfora avesse affidato una consulenza a Giovanbattista Fazzolari, il potente sottosegretario alla presidenza del Consiglio, braccio destro della premier nonché uno dei 24 componenti del cerchio magico di Meloni, il comitato esecutivo di Fratelli d'Italia. Scattano immediate da una parte le minacce di querela, dall'altra le interrogazioni parlamentari. Non che la cosa abbia avuto riflessi di qualche tipo: estetica a parte, non c'è una legge che vieta a chi ha dato una consulenza a un politico prima che questi diventasse senatore di essere assunto in una società pubblica, anche se l'assunzione dipende in qualche modo dal governo controllato dal suo partito. Tant’è vero che la nomina di Acanfora è stata ratificata dagli azionisti il 18 dicembre 2023. Più di quattro mesi fa. Da allora però tutto tace. Nel sito della società non compaiono informazioni di alcun genere, se si eccettuano quelle relative ai consiglieri e a poco altro. Nulla sull'organizzazione, l'articolazione degli uffici, il personale... In tutte le pagine c'è la scritta: "Sito in fase di implementazione". Per questo apparente vuoto pneumatico non mancheranno le giustificazioni, ne siamo certi. Intanto mettere d'accordo fra di loro enti pubblici così ingombranti e complessi è impresa da far tremare le vene ai polsi. E poi le dimensioni dell'affare. Ma in due anni, di questi tempi, cambia il mondo: o si è in grado di tenere il passo oppure è meglio lasciar perdere. Performance della politica simili a questa ne abbiamo viste già troppe.

Altre, tuttavia, ne vedremo. Prima di quanto sia possibile immaginare. Un rapporto del centro studi Comar informa che il secondo giro di nomine del governo a trazione Fratelli d'Italia dovrà riempire ben 674 caselle in società pubbliche. Le avvisaglie dicono che il modo di procedere non si discosterà da quello seguito nel giro precedente. Troppi posti sono ancora da completare e i risultati delle elezioni europee di inizio giugno non mancheranno di fornire qualche importante indicazione.

Ci sono poi alcune posizioni chiave da liberare e anche su quelle l'interesse è massimo. Come sta a dimostrare la storia rivelata qualche giorno fa da MF-Milano Finanza. Nelle mire della maggioranza di centrodestra, che con Ignazio La Russa presidente del Senato occupa la seconda carica dello Stato, ci sarebbe la casella di vertice dell'amministrazione di Palazzo Madama. Intendiamoci, non che la segretaria generale Elisabetta Serafin sia una figura considerata ostile all'attuale schema di potere. È stata nominata nel 2011, durante il crepuscolo dell'epoca berlusconiana, con l'esplicito gradimento del centrodestra. E i suoi rapporti con La Russa sono cristallini. Ma il momento della pensione arriva per tutti e 13 anni al timone della camera alta, con nove governi diversi, non sono uno scherzo. Si spiega forse così la candidatura di Serafin alla presidenza della Saipem. Che è, fra l'altro, una della poche cariche in un'azienda di fatto a controllo pubblico capace di garantire a chi la occupa un compenso in linea con quello di segretario generale di Palazzo Madama. Mezzo milione l'anno, mal contato.

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2907:35 apr 2024